MEMORIA STORICA,
VIVA ED
EMOTIVA
DIARIO DI BORDO
DI UNA FUTURA MAESTRA
DI NUOVA SPECIE.
Giovedì 6 giugno 2013
Ore 7.45
Dopo un lungo periodo di intense attività in diversi ambiti (scuola, università, San Raffaele, casa), questa è la prima mattina che mi sveglio e… non devo correre da nessuna parte. Quasi non mi sembra vero! Ieri è finita la mia breve ma intensa esperienza a scuola. Sono stati solo poco più di 3 mesi ma sono stati davvero intensi, difficili, formativi per me. Provo a scrivere qualcosa di questa esperienza perché sento che mi ha permesso di fare un ulteriore passo in avanti nel mio percorso di crescita.
Sono approdata a questo nuovo lavoro con l’entusiasmo di chi ha appena saputo che potrà realizzare un sogno. Lavorare nelle scuole come insegnante è sempre stato il mio desiderio sin da piccola. Spesso con le mie sorelle o con i vicini giocavo a “fare la maestra” e, se mi chiedevano cosa volevo fare da grande, rispondevo senza esitazione: la mamma e la maestra.
Probabilmente mi attirava l’idea di poter “entrare” nelle vite di tanti bambini insegnando qualcosa. Forse desideravo semplicemente avere un ruolo che mi facesse provare la meravigliosa sensazione della gratitudine degli altri nei miei confronti per quello che facevo e mi facesse finalmente sentire quell’importanza che non mi davo ma che tanto desideravo. Boh! Non so cosa mi spingeva davvero a desiderare così tanto quel ruolo. Sapevo solo che invidiavo molto la mia maestra perché aveva il potere di gestire e modificare le vite nostre e di sentirsi tanta gente attorno che nel bene o nel male voleva entrare in relazione con lei.
Nonostante questo desiderio, però, alla fine non ho scelto la via dell’insegnamento. Per una serie di coincidenze, mi sono ritrovata a Roma a studiare Scienze dell’Educazione per avere alla fine tra le mani il titolo di educatrice. Però, come dice una famosa canzone, “Certi amori non finiscono. Fanno dei giri immensi e poi ritornano…”. Il desiderio di fare la maestra continuava a rimanere dentro di me. Ed ecco l’opportunità: poco prima di laurearmi avevo sentito che il mio ruolo di educatrice non era affatto richiesto al sud e che invece era stata aperta una nuova facoltà (Scienze della Formazione Primaria) che dava l’immediato accesso all’insegnamento. Senza pensarci troppo, scelsi istintivamente di cogliere la palla al balzo. Così mentre consegnavo la tesi già mi procuravo la domanda di iscrizione per un nuovo corso di laurea: proprio io che non volevo studiare, proprio io che avevo avuto una forte crisi già durante lo studio del primo esame e che dicevo che l’università non faceva per me, proprio io che ero più attratta dalle relazioni con gli altri, dagli aspetti pratici della vita, insomma proprio io mi ritrovavo a scegliere una nuova facoltà! La vita è davvero strana e imprevedibile! Così mi buttai in quella nuova avventura universitaria con l’entusiasmo di chi sa che sta percorrendo la via giusta per realizzare un sogno.
Mi ero ormai rassegnata ad entrare nelle scuole solo dopo aver conseguito il titolo, e invece ecco che la vita mi ha stupita ancora. Per un’altra coincidenza di eventi, mi viene proposto di fare l’educatrice nelle scuole affiancando alunni disabili per alcune ore a settimana come copertura delle ore che il prof di sostegno non copriva. Bingo! Accetto istintivamente senza pensare che devo, contemporaneamente, mantenere il mio lavoro al San Raffaele e i miei impegni universitari per finire esami e tesi.
Arrivo a scuola con la convinzione che passerò alcuni mesi in una classe delle elementari, vicina ad un bel down (non so perché ma i down mi hanno sempre intenerito). Già pregustavo la bellezza di quel regalo quando… scopro che non starò affatto alle elementari ma in una terza media e che la ragazzina che devo seguire non è né down né tenera: è un’adolescente in pieno periodo di rifiuto degli adulti e soprattutto della mia figura. Tragedia! In quel momento ho sentito le risatine che la Metastoria stava facendo alle mie spalle! Che puttana questa Metastoria! Mi aveva ingannata! O meglio, io mi ero lasciata ingannare. Avevo ingenuamente creduto che le cose dovessero andare esattamente così come io ce le avevo in testa e invece… A quel punto non potevo più tirarmi indietro perciò mi sono buttata in questa avventura con tutte le paure e le delusioni che si possono immaginare.
Il percorso è stato davvero difficile e in salita. Mi sono ritrovata ancora una volta a fare l’ultima cosa che avrei desiderato fare: lavorare con gli adolescenti. Come una “puffo brontolone” mi ripetevo “io odio gli adolescenti! Io odio gli adolescenti! Io odio gli adolescenti”!
L’adolescenza è sempre stata la fascia d’età che mi faceva più paura. Addirittura fino a poco tempo fa mi capitava spesso di fare un incubo che mi faceva svegliare nel cuore delle notte come se avessi appena visto un mostro: sognavo di partorire un figlio già adolescente e io, nonostante il grandissimo desiderio che avevo di poter finalmente avere un figlio tutto mio, urlavo nel cuore della notte “Non lo voglio un figlio adolescente! Non lo voglio”! Avendo vissuto un’adolescenza davvero difficile, l’ultima cosa che desideravo al mondo era ritrovarmi come insegnante-accompagnatrice di una “mandria” di adolescenti!
Ma le novità non erano finite lì. Non solo erano adolescenti ma della peggior specie! Una classe che anche gli insegnanti con svariati anni di esperienza alle spalle, faceva difficoltà a gestire. Un vero incubo! Che differenza fra quel bel down affettuoso e tenero che tanto desideravo e quegli scalmanati con gli ormoni impazziti, pieni di rabbia e aggressività e pieni di rifiuto e delusione nei confronti del mondo adulto!
A questa già “rosea” situazione si aggiungeva pure il fatto che alcuni insegnanti non vedevano di buon occhio il mio ruolo, quasi fossi arrivata a togliere il posto a qualcuno!
Insomma, proprio un bel regalo!
Ma che potevo fare? Sarei scappata molto volentieri ma il mio senso del dovere non me l’ha permesso. Per cui sono rimasta e ho cercato di fare il meglio che potevo.
La ragazzina che dovevo seguire io (Michela) ha cominciato subito a dirmi che non mi voleva vicino, che non le piacevo, che ero brutta e che preferiva gli altri a me, persino le mie sorelle che non conosceva! Di bene in meglio! Proprio io che ho sempre avuto il terrore che gli altri mi rifiutassero e che facevo salti mortali per evitarlo, proprio io che avevo acquisito la capacità di essere esattamente come gli altri mi volevano e facevo ciò che si aspettavano da me per non deludere nessuno, insomma proprio io cominciavo una nuova esperienza, in cui già mi sentivo fuori posto, con un bel rifiuto netto e sincero! Adesso forse rivedendo la mia faccia di quei momenti riderei ma all’inizio è stato davvero difficile. Volevo scomparire! Anche perché contemporaneamente, mentre lavoravo con i miei “mostri interiori” dovevo continuare a mantenere tutti i livelli precedenti: dovevo continuare ad andare a lavoro al San Raffaele, dovevo continuare a studiare, dovevo continuare ad elaborare la mia “fresca” separazione da Andrea, dovevo continuare a vivere. Se avessi potuto scegliere, mi sarei volentieri rifugiata in un letto a dormire per tutto il giorno ma, ancora una volta, il mio senso del dovere e il mio non concedermi di deludere un po’ le aspettative degli altri sugli altri livelli, mi ha costretta ad andare avanti con la sensazione di portare sulle spalle un macigno mille volte più grande e pesante di me. Che fatica! Oggi però mi rendo conto che non stavo semplicemente trasportando un macigno, stavo vivendo una cosa molto più profonda e sacra: stavo vivendo le contrazioni di un parto, stavo resistendo alla voglia di abortire, stavo provando il dolore lancinante della dilatazione, stavo dando la possibilità alla nuova me di venire al mondo, stavo finalmente uscendo dal bozzolo spingendo con tutte le mie forze attraverso un piccolo forellino…
In questi mesi sono riuscita a interpretare la mia vita grazie al “quadrangolare”. Ero partita con un forte angolo alfa che non volevo affatto scomodare. La Metastoria, invece, mi stava portando a sperimentare il triangolo del cambiamento, decisamente più scomodo e difficile ma certamente più appagante (alla fine)!
Ho cominciato la mia avventura scolastica facendo leva sulla cosa che mi riusciva meglio: usare il mio maschile, marcare il mio territorio e far capire “chi comandava”. Ho cercato di impormi anche perché ancora una volta non volevo deludere le aspettative che gli altri insegnanti e anche gli alunni avevano su di me. “Si fa così: io sono la tua insegnante e anche se tu non mi vuoi io sto qua e ti costringo a fare le cose che dico io anche con le minacce se necessario”. Ma come ogni buon psicotico, anche quella adolescente ha cercato di mettere in crisi sin da subito la mia inutile costruzione! Mi ha sfidata più e più volte e io, come fossi un mulo cocciuto, continuavo con il mio bel maschile. Finché un giorno lei ha fatto la mossa vincente: “colpito e affondato”! Innanzitutto quando sono arrivata in classe lei si è spostata di banco lasciandomi sola. L’umiliazione che ho provato in quel momento è stata immensa. Cosa stavano pensando gli altri di me? Non ero nemmeno capace di impormi con una ragazzina. E poi che ci facevo io lì in classe se non stavo vicino a lei? Quale era il mio ruolo? Stavo solo rubando lo stipendio senza fare nulla di produttivo o dovevo solo darle e darmi tempo? Alla fine mi ero convinta che anche lei, come facevano i suoi compagni, aveva diritto a cambiare ogni tanto compagno di banco, a stare con gli amici e non solo con me per cui, per un giorno, ero disposta a farglielo fare. Sentendomi inutile e sola in quel banco e non essendo in grado di vedere oltre il mio angolo alfa, non sono riuscita a trovare altra alternativa che quella di mostrarmi interessata a un suo quaderno. Così ne ho preso uno che aveva sul banco e ho cominciato a sfogliarlo, pur di non dare l’impressione della persona inutile. Non l’avessi mai fatto! Lei ha cominciato a dirmi, dal posto in cui stava, che dovevo lasciare le sue cose e io, quasi come se fossi contenta che la stavo sfidando e che per il momento vincevo io, ho continuato. Fino a che lei non è venuta da me e mi ha strappato non solo quel quaderno ma si è portata via tutta la sua roba. Questo semplice gesto di rifiuto è stato sufficiente a far cadere tutto il mio bel castello di carta. Sono stata malissimo. Mi sentivo lacerata, pronta a scoppiare e con l’immensa voglia di inventarmi un qualsiasi malore e tornare di fretta a casa. Ho cercato di resistere per un po’ ma poi non ce l’ho fatta più e ho cominciato a piangere. Che vergogna! Piangevo come una bambina, senza essere capace di fermarmi, davanti ad una classe intera che, per un minuto, aveva smesso di fare casino e mi guardava incuriosita. Volevo sprofondare! Così sono uscita dall’aula e mi sono rifugiata in bagno per il resto dell’ora. Non volevo più tornare in classe. Volevo andare a casaaa!!! Lo desideravo con tutta me stessa! Avrei dato non so cosa per andarmene, ma quel maledettissimo senso del dovere, mi ha costretta ancora una volta a rimanere in classe. Alla fine dell’ora sono tornata in classe. L’insegnante ha costretto Michela a chiedermi scusa e più gli altri mi degnavano di attenzioni, più il fiume che sgorgava dai miei occhi non accennava a diminuire.
Ho vissuto le ore più lunghe della mia vita. Però oggi capisco che tutta questa lacerazione mi stava spingendo a dilatarmi ancora un po’ e a cercare strategie migliori. Non aveva senso sprecare il mio tempo a fare il guardiano di una che non ne voleva affatto sapere di me. Sono stata malissimo perché un rifiuto più aperto e sincero di quello non l’avevo mai vissuto, però poi ho capito che ero stata una stupida a “suonare sempre la stessa nota”, era arrivato il momento di cambiare musica! La colpa era solo la mia perché non ero stata in grado di capirlo in tempo, non avevo saputo essere intera e molteplice.
Così il successivo giorno di scuola (che per me corrispondeva a quattro giorni dopo. Quei giorni sono stati davvero preziosi perché ho avuto modo di rielaborare, stare male e cercare alternative migliori anche con l’aiuto di altri), sono andata da lei e le ho detto che avendo capito che lei non mi voleva vicino, per un periodo di tempo ero disposta a fare la “viandante”: ogni giorno che arrivavo in classe lei doveva scegliere il compagno vicino al quale dovevo sedermi. Questo girovagare è stato importate, anzi, “molto importantissimo” perché mi ha permesso di entrare in relazione con il resto della classe. Mi ero fossilizzata troppo sul mio stupido ruolo e non riuscivo ad andare oltre. Entrare in relazione con gli altri adolescenti è stato un vero dono, un regalo che non potrò dimenticare. A dimostrazione del fatto che il negativo, quando siamo troppo chiusi nelle nostre convinzioni, è l’unico modo per farci cambiare rotta, per dirci che è tempo di sperimentare cose diverse, se solo riusciamo ad accoglierlo come un segnale e non come una “punizione divina”. In questo riconosco che sono stata brava anche io. Mi sono lasciata interrogare e modificare dagli eventi e sono andata avanti senza mollare. Girando girando, mi sono dovuta confrontare con “gli ormoni impazziti” dei ragazzi, con la loro aggressività (altro punto mio debole), con le crisi esistenziali delle ragazze (che troppo spesso mi riportavano alle mie crisi adolescenziali e riportavano a galla ferite forse mai rimarginate).
Ho visitato e conosciuto mondi interiori diversi, sentito empaticamente su di me le sofferenze degli altri, le loro gioie, i primi amori, le prime delusioni… mi si è aperto un mondo parallelo!
La conoscenza della sofferenza che molti vivevano nella solitudine del proprio cuore mi ha spinta a fare qualcosa che ritenevo impensabile per me: ho chiesto all’insegnante di italiano di concedermi qualche ora con la classe o almeno con un piccolo gruppo per affrontare degli argomenti che sentivo avrebbero un po’ sbloccato delle vite ferme e ingabbiate. Desideravo donare alcune delle mie scarse competenze metastoriche per permettere ad alcuni di transitare. Le resistenze dell’insegnante sono state tante. Mi disse che non capiva cosa volessi dire a quei ragazzi, non si fidava di me né voleva lasciarmi sola con loro per paura di una eventuale “catastrofe” che sarebbe potuta accadere a qualcuno di loro. E poi, di chi sarebbe stata la responsabilità se fosse successo qualcosa? Cosa avrebbe detto la preside se avesse saputo dell’accaduto? Tutte paure inutili che rischiavano di far abortire il mio debole tentativo di fare qualcosa del quale io stessa dubitavo. Alla fine “l’uomo (anzi donna) del Monte ha detto sì”. Ma ad una condizione: oggi o mai più! Così mi sono ritrovata su due piedi a inventare come condurre quello che io speravo potesse diventare un mini-cerchio magico con l’aiuto anche di qualcuno esterno. Non mi sentivo capace di fare tutto da sola, ma che potevo fare? Prendere o lasciare! Sentivo che era una cosa buona per me e per loro e così ho accettato e mi sono buttata! Mi aveva concesso solo il gruppo delle ragazze e solo un’ora. Ovviamente, la scusa per fare questo incontro era stata Michela. Avevo detto alla prof. che come educatrice volevo affrontare con alcune sue amiche il tema dell’integrazione per aiutarla a integrarsi meglio con il resto della classe. La verità invece era che, girovagando, avevo avuto modo di conoscere soprattutto la situazione di una ragazzina e volevo con tutta me stessa darle una mano perché sentivo che sarebbe bastato poco per rimettere la vita in circolo. Ovviamente anche in quella occasione Michela ha cercato di boicottare ciò che io facevo, ma questa volta avevo dalla mia parte tante alleate che hanno saputo gestire le sue “spinte distruttive” molto meglio di come sarei stata in grado di fare io. Mi do merito del fatto che, nonostante il pochissimo tempo e nonostante le distrazioni di Michela, sono riuscita a scendere subito in profondità e a toccare le corde più basse di ognuna di loro. Alla fine piangevamo tutte, me compresa, anzi, me per prima. Infatti prima di cominciare mi ero detta che se anche avessi pianto non dovevo farmene una colpa (come invece avevo sempre fatto a partire dalla mia adolescenza). Anzi probabilmente avrei aiutato anche loro a non aver paura di manifestare i loro sentimenti. E così è stato. In quella breve ma intensa e sacra ora, sono venuti fuori tutti i dolori e le paure di ognuna di loro. Si sono raccontate e hanno detto cose che mai avevano detto a quelle amiche di classe. Pur con difficoltà sono riuscita a fare teoria e ho sentito che un po’ questo le aveva alleggerite e aveva anche creato le premesse per costruire un buon rapporto con me e fra di loro.
Anche Michela ha cominciato così a relazionarsi con me. Vedeva che avevo un buon rapporto con gli altri e ha desiderato essere come i suoi amici ed entrare in relazione anche con me. Il suo rifiuto, però, non è terminato magicamente. E’ proseguito per tutto il resto dell’anno anche se in modo più blando e inconsistente e alternato sempre di più a momenti in cui desiderava il mio corpo e la mia attenzione.
Dopo quell’incontro, le ragazze mi hanno chiesto di andare al cinema insieme. E’ stata anche quella per me un’esperienza importante e bella perché ho potuto vivere alcune parti adolescenziali che non sono riuscita a vivere durante la mia adolescenza.
Non riesco adesso a riportare tutto quello che è successo, tutte le difficoltà che ho dovuto provare, tutti i nodi che ho dovuto affrontare. So solo che è stato un anno ricco, molteplice, significativo, durante il quale non ho mai sentito l’assenza della Metastoria. Mi ha accompagnata per mano, mi ha creato le condizioni per poter procedere anche nelle difficoltà. Mi sono affidata e lei non mi ha mai delusa né abbandonata.
Ieri, il mio ultimo giorno di scuola, il mio cuore si è riempito di tutto l’affetto che buona parte della classe ha saputo dimostrarmi. Mi hanno regalato disegni, canzoni, abbracci, sorrisi, parole dolci, promesse…
Adesso sento finalmente spuntare le mie ali variopinte che testimoniano la mia nascita in ciò che solo io sono. Il viaggio non è finito e nuovi bozzoli aspettano di essere bucati e aperti, ma per il momento mi godo il meraviglioso spettacolo di quella che sono diventata.
Fra poco più di un mese conseguirò anche la seconda laurea e (forse!) potrò finalmente fare la maestra ma con una nuova consapevolezza, con nuove capacità e senza il peso di nodi antichi che sento di aver affrontato in questi lunghi mesi.
Il triangolo del cambiamento non è affatto facile, ma arrivare ad un nuovo “π” non ha prezzo. Soprattutto sento che è stato difficile l’angolo gamma perché io sono portata a credere che capire una cosa sia uguale a saperla fare. Fosse stato per me, dopo aver capito che Michela non mi voleva e aver cambiato strategia, l’esperimento poteva finire lì. Per la serie “l’ho capito, mo basta”. La difficoltà, invece, sta nello sperimentare concretamente, giorno dopo giorno, quello che hai capito solo razionalmente. Sporcarti con le nuove verità, provare, cadere e riprovare ancora. Superare i momenti di scoraggiamento. Saper andare avanti nonostante tutto. Non solo! Non fossilizzarsi nemmeno nelle cose appena comprese ma sapersi modificare continuamente. Rispetto alla mia esperienza, dopo un po’ di “vagabondaggio” ho dovuto capire che non aveva senso continuare così all’infinito perché io dovevo “chiudere il cerchio” e tornare con lei. Andarmene da lei doveva solo essere una strategia per ritornarci successivamente in una maniera rinnovata. Tutto questo lavorio sfiancante, mi ha portato a ridimensionare molto il mio angolo alfa, a imparare a non organizzare mentalmente tutta la realtà ancor prima di viverla. Ho imparato il prezioso significato di “un giorno alla volta”. Andavo a scuola sapendo che le variabili erano tante e non aveva senso “aspettarmi” qualcosa che avevo già costruito nella mia mente. Poteva accadere tutto e il contrario di tutto. Cercavo solo di fidarmi della mia nuova capacità di affrontare gli eventi così come si presentavano.
Oggi sento che ancora sono rigida e ingessata su molti aspetti e so “giocare” poco con le varie parti, ma certamente un po’ di “gesso” l’ho smaltito. Piano piano alcune parti stanno riprendendo a muoversi.
Giusto un anno fa stavo cominciando a chiudere un cerchio ormai svuotato di significato e che anzi bloccava tutte le spinte che mi portavano a crescere. Oggi, pur ringraziando Andrea per il ruolo che ha svolto nella mia vita, mi sento rinnovata e soprattutto sento di aver ripreso in mano la mia vita facendo la difficile ma necessaria scelta del viaggio…
Francesca L.
15 Commenti
lara
Eh si: la metastoria è proprio una grande e bellissima puttana…
Grazie per questa preziosa pagina di diario, Francesca.
Lara
Sandra
Cara ciorella, il travaglio e l'affidarti con coraggio in questo ultimo anno sia sul piano personale sia nello studio e per finire con l'esperienza della scuola ti hanno permesso di passare dal bozzolo alla farfalla, una farfalla ricca di colori e unica per la sua leggerezza e autenticità. Leggere il tuo racconto fatto di prassi e teoria mi ha toccato tanto e fatto riconoscere molti vissuti miei: il senso di inadeguatezza di fronte agli adolescenti e la voglia di scappare. E' bello diffondere queste esperienze concrete che partono dal basso e fanno vedere i tanti passaggi di chi con onestà crede nella crescita dei bambini ed adolescenti attraverso la propria crescita e i propri cambiamenti. La tua testimonianza è significativa per ciò che stiamo cercando di realizzare con il Geipeg per portare un punto di vista nuovo nella scuola e negli ambiti di crescita di oggi. Sarai un'ottima maestra perché sai sempre più miscelare il tuo buon maschile con il femminile che sa aspettare e ascoltare lo stato quiete di chi vuole far crescere, compreso gli adulti-colleghi con cui dobbiamo confrontarci. Ti ammiro per ciò che sei riuscita a fare proprio in questa prima esperienza a scuola che da subito ti ha posto di fronte al negativo del rifiuto e ti ha messo alla prova, ma che ti ha fatto sperimentare raccogliendo tanti frutti in una situazione complessa, ad anno iniziato. Sono certa che hai segnato profondamente quei ragazzi anche per esserti messa a nudo e per esserti dimostrata affidabile sul campo. Ti faccio un grande in bocca al lupo per la seconda laurea anche se questa prima esperienza a scuola vale molto di più. Ti abbraccio forte cara maestra di Nuova Specie! Ti voglio bene, Sandra
Unknown
Che dire? vi ringrazio tutti!!!! Non sono abituata a tanti riconoscimenti, però… che goduria! 🙂
Angelo
Carissima, la tua 'traccia' sia da esempio a quanti quotidianamente nascondono i propri patimenti… la condivisione è una modalità di crescita che va sperimentata e valorizzata sempre di più… Bravissima Francesca… salutaci Michela (l'aiuto/contro) che ti ha dato tanto quanto tu le hai dato!!!
sabrina
Ogni volta che leggo un tuo scritto, cara Francesca, mi emoziono tanto e piango perchè mi fai tanta tanta tenerezza. Sei stupendamente sensibile e delicata e sento il tuo percorso molto vero e profondo. Stai imparando a suonare tutte le tue note metastoriche come sta facendo ognuno di noi e leggere questa testimonianza, in questo momento della mia vita, mi dà speranza e fiducia.Ti voglio molto bene e tu lo sai. Sabrina
Giuseppina Mastrangelo
Cara Francesca è stato bellissimo leggerti…. ti ho sentita onesta e molto immersa nella metastoria nonostante le difficoltà. Ti ammiro tanto per la tua tenacia nel volerti scrollare di dosso il gesso ma soprattutto per il voler stare nella vita come tu sei… e credimi sei bellissima! Ti voglio bene e ti faccio un avanti tutta a gran voce per la laurea che ti permetterà un passo in più verso il "sogno concreto in viaggio"….
Baci GiusiM
Unknown
caro silvio, ti ringrazio per il fatto di essere come sei e di stimolarmi da sempre nel modo giusto 🙂 ti voglio bene! Il cammino è ancora lungo però finalmente comincio a muovere i primi passi ed è sempre bello sentirsi riconoscere i propri sforzi…
Silvio Boldrini
Cara Francesca,
ti sono grato per aver condiviso questa tua pagina di diario che spero un giorno si potrà trasformare in un libro, così come è successo a me. Mi piace molto come scrivi, metti insieme la vita con la teoria e sei molto onesta rispetto ai limiti che vivi e vuoi superare.
Spero che andrai avanti in questa tua ricerca verso la quale la vita ti ha indirizzato facendoti perdere le tue certezze-illusioni. Credo che in questa ricerca troverai molto di più rispetto a ciò che avevi immaginato per te stessa ma che era statico. Mi piace che condividiamo insieme i nostri percorsi attraverso i nostri scritti e spero che lo potremo fare sempre di più anche attraverso le nostre vite.
Un bacio.
Silvio
Unknown
Ho dimenticato di ringraziare Cindy per il titolo meraviglioso che ha dato alla mia pagina di diario. mi sento lusingata…
Unknown
grazie a tutti per i commenti. Sono commossa… Sento sempre più come vero il fatto che il viaggio, pur faticoso e spossante, è fondamentale per procedere. Mi e vi faccio un applauso di incoraggiamento.
P.S. "Giovanni" chi sei?
Raffaele
Cara Francesca,
grazie per questo bilancio vero, difficile, pieno di sofferenza ma ricco di speranza. E’ una bella testimonianza prassica-teorica della possibilità di passare da un angolo alfa chiuso e cronico al triangolo del cambiamento aperto, ad un kairos che genera viaggio e fa sbocciare nuove cose. E’ una bella testimonianza di una didattica e pedagogia globale di Nuova Specie. Avanti tutta…
Raffaele
giovanni
Non so se L. sta per Loiacono e quindi è Francesca Loiacono perché se è così la figlia di Mariano ha fatto davvero tanti progressi se mi ricordo come è partita. Auguri per questa seconda laurea e spero che ti faccia trovare lavoro nella scuola dove c'è tanta crisi e le insegnanti hanno ancora il prosciutto davanti agli occhi. Spero bene per mio figlio.
Giovanni
Gabriella N.
Un post delicato e ricco di emozioni come credo sia la tua vera natura … da diffondere come messaggio per i tanti insegnanti che vivono la difficoltà dell'accompagnamento a ragazzi bollati come "difficili".
Un abbraccio a te, Francesca, che umilmente stai attraversando tanti cambiamenti e grazie per il senso che hai dato al "macigno" che spesso sentiamo sulle nostre spalle
lucia
Grazie, rigida e ingessata Francesca L., per aver condiviso sensazioni ed emozioni che tanto somigliano alle mie,
iceberg in scioglimento lentissimo Lucia T.
Unknown
Cara Franci,
bravissima davvero per la tenacia, la sincerità, l'esserci stata nonostante i tanti ostacoli incontrati e bravona per aver lasciato traccia del tuo percorso!
Beato chi ti avrà come Maestra!! 😉
Sei quasi arrivata alla Laurea! Avanti tutta!
Un bacio e un abbraccio,
Cindy