Foggia, giovedì 28 febbraio 2013. UTIMO GIORNO DI LAVORO AL CENTRO DI MEDICINA SOCIALE DEL DR. MARIANO LOIACONO.
DA OGGI NON ESSENDO PIU’ IL DIRETTORE DEL CMS,
Ultimo giorno di febbraio…
E come ogni fine segna la chiusura di una fase, di un cerchio, di un momento storico…
Cosa verrà dopo? A noi la facoltà di creare…
È con un pensiero di Graziella Miro, una bella poesia in lingua partenopea scritta per te, Mariano, racconto e insieme augurio, che ci introduci in questa giornata significativa, una data e un passaggio reali che fanno da spartiacque tra ciò che è stato e ciò che, forse, sarà.
È un giorno bifronte, un giorno in cui possiamo scegliere la prospettiva…. Oggi potremmo vivere questa giornata fermandoci alla tristezza, reazione legittima e facente parte della vita, ma ci fermeremmo ad una reazione infantile, in cui “piangiamo” per una fine, per un passaggio. Oggi però potremmo anche starci con gioia, scegliere la reazione adulta che ci fa vedere e celebrare ciò che di buono già è nato e cresciuto e ci spinge a continuare, arricchendo e crescendo nella responsabilità verso questa eredità preziosa.
È così che, oggi, scegli di starci tu, Mariano.
Davanti al grande numero di vite che sono presenti oggi e percependo chiaramente la commozione che le attraversa sento di evidenziare, anche oggi, la grande sordità delle istituzioni, soprattutto a livello locale, rispetto al grande valore, sanitario, sociale e di ricerca antropologica e spirituale, di questa Esperienza che oggi ha raggiunto un altissimo grado di crescita e diffusione tale addirittura da trasformare i confini geografici italiani in porte di ingresso da altre nazioni per venirLa a visitare e conoscere. È un momento storico difficile, in cui la crisi ci attraversa tutti in maniera trasversale e a più livelli, nel rapporto con noi stessi, nella coppia, in famiglia, a scuola, sul lavoro. In questa difficoltà e angoscia esistenziale ognuno di noi vorrebbe scappare e chiudersi. Ancora più valore, quindi, dovrebbe essere riconosciuto a chi, come te, non solo non scappa, ma osa creare delle alternative concrete e “scientifiche”.
È ripercorrendo l’anello diabolico, attraverso il racconto, che si coglie il senso e la prodezza del tuo stare nella vita. Per questi lunghi quarantasette anni, osando, hai attraversato quei sentieri della vita dove per crescere, per trasformarti devi accogliere la perdita, lo scollamento, la riduzione, la meiosi… quando sei in questi sentieri e senti tutto il dolore del tuo non essere più intero la vita ti pone davanti ad un bivio; qui devi scegliere se morire o iniziare, tra coraggio e paure, un percorso di risanamento.
Quello che hai scelto tu è chiaro a tutti noi… e i risultati, a mio avviso, superano ogni aspettativa…
Così, tra il 1966 e il 1976, hai concluso gli studi liceali e universitari… Il 1976 è l’anno di incontro con l’Azienda Ospedaliera… Sono anni complessi, in cui hai lavorato prevalentemente in solitudine… in questi anni il lavoro su di te si è dovuto intrecciare con il mantenere tutte le funzioni ruolo, gli obblighi-doveri, gli impegni con l’esterno… In questi anni hai incontrato anche l’esperienza religiosa, un’altra famiglia in cui hai presto incontrato e riconosciuto limiti e contraddizioni… “perché ogni stampella, ogni esperienza che non ci porta a crescere dentro, poi è destinata a fallire nell’accompagnarci”… non la riconosciamo allora come famiglia reale. Proprio in questi anni nasce l’idea di sanare parti tue non medicalizzandoti, non affidandoti alla psichiatria ma lavorando per trasformare il punto di vista sulla vita. Innanzitutto il tuo. Prima di tutto verificandone la validità sulla tua vita e sul tuo intero che pian piano cresceva. Mentre procedevi con fatica e coraggio verificavi che le tue trasformazioni erano reali e che le crescite che stavi conquistando ti consentivano di rimanere sul campo senza scappare o senza farti risucchiare verso il basso. Questo sentire e pensare è nato prima del diventare medico, è frutto della tua vita, non dei tuoi studi.
Sono stati anni complessi, faticosi, in cui hai dovuto aiutare te stesso nel caos nonostante non ci fosse nessuno ad accompagnare il tuo caos.
Ma è proprio in questi anni che lavorando su di te hai sviluppato un tuo solido punto mitotico. Il primo punto, quello mitotico, è quello che ci appartiene, una volta raggiunto non ce lo toglie nessuno, pur essendo sempre aperto, migliorabile, entra a far parte del nostro patrimonio genetico. Quando arriviamo a questo riusciamo a creare a partire da noi; non è il luogo in cui siamo che ci rende operanti, fruttuosi, ma è mantenere alcune nostre caratteristiche; la prima verità siamo noi, le appartenenze vengono dopo come ci insegna la Piramide del Sarvas. Chi vuole esprimere e rappresentare il Metodo Alla Salute deve lavorare molto su questo piano; se non avviene la conquista di un nostro punto mitotico e se le nostre crescite non sono reali, quando arriverà il momento di creare a partire da noi emergeranno i nostri nodi profondi e ci fermeremo poiché ci manca il Potenziale Metastorico.
Quando nel ’77 hai iniziato i rapporti con l’Azienda Ospedaliera, aver lavorato bene e onestamente in questo senso per te è stato un grande vantaggio… qui hai dovuto iniziare a confrontarti con la rigidità e la chiusura dell’Istituzione, con l’identità psicotica della medicina e dei medici… qui hai dovuto riconoscere e rispettare i tanti Stato Quiete che hai incontrato ma procedevi sapientemente, qui non ti fermava più nessuno perché le verità a cui eri arrivato negli anni precedenti tornavano alla tua vita… qui le metodologie hai dovuto intuirle e svilupparle sul campo, immergendoti in prima persona e sperimentando con coraggio altre direzioni rispetto alla psichiatria tradizionale… sono questi gli anni della “Psicoterapia Nostrana”.
In questi anni e fino al 3 settembre 2012 hai dovuto essere punto mitotico per te e per gli altri, interessandoti e occupandoti di “problematiche scoppiettanti”, difficili, complesse. Hai accompagnato una folla di persone e di vite che a te si sono rivolte deluse dalla psichiatria tradizionale. Nel tuo innovativo punto di vista, che è sulla vita e non sulla malattia, tanti hanno trovato finalmente un terreno di rinascita e di ritorno ad una vita in agio con se stessi. Sono stati anche anni in cui la vita ha tradito la tua ingenuità. Hai creduto tanto nel tuo progetto dando fiducia a chi con te in questo voleva starci e operare. Ma non sempre è stato così. D’altronde la vita è fatta anche di delusioni e tradimenti. E si cresce anche passando da qui. Alcuni, tanti passaggi li hai affrontati in solitudine… ahimè nessuno vedeva ancora lontano quanto riuscivi a vedere tu…
Stare nell’anello diabolico è come stare in un utero al negativo che continuamente ci tira giù, continuamente ci spinge a tirarci su, a sviluppare competenze per riprendere il viaggio; per non abortire l’utero deve lavorare continuamente! È proprio questo quello che hai fatto finora, lavorare continuamente per questo progetto… oggi possiamo fare festa perché, nonostante partissi da una grandissima frantumazione, essere riuscito in tutto questo tempo a non perderti in questo mare aperto e burrascoso, mantenere la fiducia nel Progetto Nuova Specie e farlo crescere è già merito da eroe…
Il 3 settembre 2012 vede l’ultima spinta di questo parto… è il giorno in cui, “pensando che fosse l’unica modalità per scuotere l’inerzia e la poca attenzione da parte delle autorità e delle istituzioni, specie quelle locali” decidi di anticipare la pensione sentendo il rischio concreto che questa esperienza muoia, abortisca non avendo, inoltre, ancora discendenti sufficientemente pronti e cresciuti… la Regione non si preoccupa e non garantisce la continuità di questa esperienza, così ci provi tu… è un passaggio difficile che ti porta ad oggi, a lasciare anche fisicamente questo posto e questa lunga fase della tua vita. In questi mesi hai potuto prepararti a questo taglio; il senso di quest’ultimo Natale, con la festa per il tuo pensionamento e il ripercorrere la tua storia, era proprio questo…
Oggi lasci, ti separi da questa fase di quarantasette anni… questo è ciò che è stato… oggi rivolgi lo sguardo a ciò che potrai creare nell’anello simbolico. È anche per questo che tanti di noi sono arrivati alla frantumazione; l’anello simbolico dominante non funziona più e non è più adeguato ad una società e a degli uomini che negli anni hanno attraversato metamorfosi importanti… Oggi quest’anello rappresenta e ci presenta soluzioni troppo semplicistiche per cambiare le cose in profondità. Ben venga quindi questo tuo passaggio che ti può vedere Spirito Creatore ad un livello ancora superiore…
Stare nella vita da protagonisti richiede una capacità creativa enorme e continuativa e un punto mitotico solido. Quando crei la vita ti sostiene, ti dispone mezzi per…
Oggi è importante celebrare il patrimonio che ci lasci. Sento che è importante riconoscere tutto quello che c’è e che è a nostra disposizione: il Centro di Medicina sociale, le Domus, i Progetti. Ma sento anche che è importante comprendere che questa eredità non è eterna e non vivrà di vita propria; tutto ciò che abbiamo ricevuto in eredità va nutrito e coltivato altrimenti lo perderemo. Questo è uno dei primi impegni per cui chi vuole può lavorare: mantenere il patrimonio che c’è. Per fare questo occorre continuare a crescere nell’avere Spirito Metastorico e Punti Mitotici nostri. Non occorrono parole o manifesti di chissà quali impegni oggi, basta scegliere di starci nelle cose, poi, man mano che uno ci sta, le cose crescono e migliorano. È questo lo spirito reale di chi vuole prendere il testimone!
A testimoniare che nella vita sono importanti i fatti e le testimonianze concrete oggi, invitato da te, Mariano, ci fa visita il Sociologo Giuseppe Arrivo, per tutti Peppo. Tuo intento è “chiudere l’ultimo giorno di presenza con una presenza operante”. È un’occasione in cui Giuseppe, ragazzo del sud barese, può presentare ai presenti il suo primo libro “Storie di un Operatore Sociale”, raccolta di racconti, riflessioni, denuncia e domande aperte e profonde sulle relazione educative e di accompagnamento.
“E’ un libro che parte dall’esperienza di ogni giorno in cui trasmetti quello che tu sei, non solo il tuo modo di fare. Entri nelle persone, le guardi negli occhi, le guardi nel loro essere profondo e non nelle etichette disagiate. E queste caratteristiche se non le hai in te non le puoi esprimere. È un libro che va interiorizzato. Per farlo bisogna tornare sulle storie, sui racconti. Ti interroghi sui problemi emergenti della società. Li affronti con autenticità mettendoti in discussione in prima persona. Ti interessi della specificità delle persone. Quando una persona è pienamente quello che solo lei è, sa e può dare alle persone quello che loro serve.”
Avevo già avuto il piacere e il privilegio di leggere l’ultimo capitolo di questo bel libro, “Bambini o macchinari?”, quando, in occasione del mio aderire al G.E.I.P.E.G., ci era stato mandato come spunto per riconoscerci. In quella occasione pensai e riconobbi che il progetto educativo forse ha sempre fatto parte di me e che potersi interrogare insieme su come crescere nella relazione con noi stessi e sul come intervenire per rinnovare istituzioni vecchie e asfittiche è una bella sfida. Pensare alle persone non come siepi da squadrare e sfoltire ma come specificità e sensibilità da incoraggiare e accompagnare a venire alla luce ed esprimersi in libertà è un pensiero di una grandissima umanità che molto mi scuote e molto mi commuove.
È un libro avvincente in cui emerge una grande capacità di mantenere insieme diversi livelli: il racconto, la teoria, le riflessioni, il giudizio, la denuncia, tutto si intreccia grazie alla saggezza di chi racconta avendo fatto un percorso concreto sulla sua pelle e con la propria vita, la propria emotività, la propria fisicità. Ovviamente, ahimè, è un libro autofinanziato giacché nessuna casa editrice ha voluto mettersi in prima linea per sostenere un tale reale potenziale, a dimostrazione che si spingono e promuovono tante cose inutili ma ciò che è utile, concreto e degno di merito deve sempre scontrarsi con una società ipocrita e addormentata.
È bello sentire Peppo commosso mentre ci dona, leggendo, parte della sua esperienza… è bello vedere che in molti si riconoscono nella sofferenza del non essere stati riconosciuti come “intelligenze accademiche”… è un momento caldo, profondo.
Siamo in molti ad essere visibilmente emozionati ma, attraverso la lettura del Comunicato Stampa del 23 Febbraio, cambiamo stanza… arriviamo quindi alle prospettive del Metodo alla Salute e del Progetto Nuova Specie.
Hai sempre creduto, Mariano, che il disagio fosse un modo e un mezzo per arrivare ad un nuovo spettacolo della Vita. Il tuo star male l’hai sempre vissuto come un sentire in anticipo una sofferenza che poi sarebbe diventata di tutti, “diffusa”. Sei stato profeta per la tua vita e per la vita altrui e ti sei avventurato dove la vita per procedere chiede di perdere ciò che è concluso, finito, ciò che non serve più. Nel tuo vedere prima e più lontano di altri sei stato anche uno “scienziato” poiché, attraverso la ricerca, l’osservazione e la sperimentazione sul campo, hai acquisito una conoscenza e descrizione della vita e dei meccanismi, delle leggi che la muovono, immediatamente riconoscibili e verificabili da ognuno di noi. Il sapere a cui sei giunto e che oggi ci trasmetti è universale e questo è un tuo grandissimo merito.
Non ti hanno mai attratto i confini del discorso medico-psichiatrico, per te il disagio è stato un’opportunità per arrivare a cambiare la vita in profondità attraverso un nuovo punto di vista.
E prima si interviene nella vita che non è più intera e in salute meglio è. Ne è testimonianza la piccola Alice. Nel grembo di Giusi fin dai suoi primi mesi di vita ha convissuto con un’esperienza dolorosa di morte e malattia. Nei primi mesi da neonata Alice ha cercato di scomodare il meno possibile lo Stato Quiete, già così pesante e faticoso, dei suoi genitori. Alice poteva sembrare una bambina tranquilla. Alcuni avrebbero addirittura potuto gioire e bene-dire di questa sua “tranquillità”. Ma Alice si era già negata molto e già stava imparando a vedersela da sola. Grazie alla tua sensibilità, Mariano, e a quella di Giusi e Tonino che in questi anni si sono messi onestamente in discussione come individui, come coppia e come genitori, Alice è stata aiutata a risvegliarsi da una sorta di “coma”. Accontentarsi del suo “non dare fastidio” sarebbe stato un reato! Oggi Alice sta riprendendo velocemente a sentire il proprio corpo, i propri bisogni e sta riscoprendo la bellezza della relazione con l’esterno attraverso il movimento, la voce, il territorio. Alice esprime ogni giorno di più la sua Vita e i suoi occhi lo raccontano…
È per Alice, per le storie frantumate di ognuno di noi e per quelle che incontriamo che la sfida più grande e concreta è portare un nuovo punto di vista nell’ordinario, nel quotidiano.
Oggi, per stare nella Storia e trasformarla, è importante avere un grande Spirito Metastorico. Da oggi, non essendo più il Direttore del CMS, “né in oneri né in onori”, è attraverso la Fondazione Nuova Specie, finalmente riconosciuta come personalità giuridica di rilievo a livello nazionale dal 13/02/2013, che potrai ancora continuare a trasmettere ed esprimere il prezioso sapere raccolto in tutti questi anni. È un grande peccato che la Fondazione, ad oggi, non abbia ancora un luogo fisico in cui operare, una “stalla” ad accoglierla, ma, grazie alla sua specificità, che come la vita non si esprime attraverso un luogo ma appunto attraverso la vita stessa, può continuare ad operare in questo tempo anche in maniera itinerante. Patrimonio e prerogativa della Fondazione Nuova Specie sono le Settimane Intensive, il Metodo alla Salute, i Corsi di Formazione, …, attività in cui la tua presenza, Mariano, non solo è gradita, ma, come anche tu affermi, necessaria non essendoci ancora nessuno che ha sviluppato le competenze necessarie per gestire e intrecciare la complessità che queste attività richiedono poiché “sulla sofferenza bisogna essere corretti” ed emotivamente competenti. Oggi, il tuo pensionamento, porta con sé un momento di cesura tra il Centro di Medicina Sociale e la Fondazione Nuova Specie.
Ora, senza disperarsi o fermarsi alla malinconia di una culla comoda, bisognerà lavorare per sinergizzare la forza di questi due motori.
Oggi ci lasci un eredità importante gioioso per quello che già hai fatto. Non hai garanzie nè sicurezze che avrai il tempo e la possibilità di esprimerti anche nell’anello superiore, nell’anello simbolico. Ci vogliono anni, persone, crescite, compagni di viaggio e di creazione. Io però te lo auguro, caro Mariano, e così anche chi, in questa giornata particolare, ti omaggia di un pensiero, un dono.
Sento questa giornata come un’istantanea di ciò che oggi è. Sento che il patrimonio è grande e prezioso. Sento che ancora facciamo fatica a mantenere continuità e impegno a prescindere dalle crisi che attraversiamo sul piano personale. Sento che oggi, in verità, ti abbiamo ancora deluso. Ancora, non ci hai trovato pronti. Ancora hai dovuto essere tu attivo. Ma sento anche che ci siamo umiliati e siamo stati ciò che ancora siamo. Ci auguro di riconoscerci la parzialità che ancora ci caratterizza e di partire, con determinazione e coraggio, proprio da questa per provare ad essere un po’ più adulti in quello che questo Progetto richiede per crescere e continuare ad essere acqua che scorre.
Mi piace salutare così questa giornata, con un omaggio e un riconoscimento a ciò che sei stato finora e al tuo amore nel fare discendenza e con un invito e un augurio per chi nella vita ci vuole stare in prima linea, interrogandosi e guardando avanti e lontano…
Lo faccio proprio attraverso tue parole antenate, caro Mariano…
“Per un progetto che riguarda la crescita della vita occorre, contemporaneamente al proprio impegno personale, saper far discendenza.
Un vero accompagnatore lavora per creare discendenza e, appena possibile, sa venir meno negli ambiti in cui sono cresciuti gli altri.
In realtà, un accompagnatore lavora per non essere più indispensabile, e sta con l’accompagnato fino a quando non lo immette nella vita in maniera più intera, più globale.
Un bravo accompagnatore è flessibile, non si identifica con una strategia specifica o con uno spazio territoriale ma sa lasciare, seduta stante, anche un terreno che frutta e accetta prontamente di rimettersi in viaggio per andare incontro a situazioni inedite. La vita sta dovunque, dovunque attende novità, dovunque è in grado di fare discendenza.
Nelle diverse istituzioni, ogni vero adulto dovrebbe tenerci a trasmettere le competenze ai propri accompagnati in modo tale da renderli autonomi e autoreferenziali, in grado di essere loro stessi spiriti creatori nel loro contesto di appartenenza.
Cambiare strategia sul campo per sopravvenuti conflitti e metterla in pratica comporta per l’accompagnatore oneri e possibili sorprese.
L’accompagnatore devoto accoglie tutte le occasioni che gli si presentano, anche e soprattutto quelle impreviste o per le quali si sente impreparato o inadatto.
Un accompagnatore non nega o nasconde la sua situazione di bisogno ma parte dalla propria sete-stanchezza ed entra per primo in relazione con la realtà umana che concretamente gli si presenta,
senza delegare a segretari o intermediari.
L’accompagnatore prende di petto le situazioni da accompagnare anche se sta da solo. Noi in genere ci lamentiamo che nessuno entra in campo con noi o che le cose da fare non sono condivise da un gruppo. In genere, la storia cambia solo perché qualcuno ha le palle di iniziare per primo e provarci al massimo delle sue possibilità. Chi sa osare costruisce un pozzo e diventa un “antenato” per la vita degli altri che sono assenti o che verranno in futuro.
Nel portare avanti il progetto-opera della sua vita, l’accompagnatore è consapevole che fa parte di un gruppo di lavoro unitario in cui si integrano il passato e il presente, chi semina e chi raccoglie; il frutto appartiene a tutto il gruppo di lavoro e la vita eterna sa premiare ogni parte che è subentrata a un’altra, anche se non direttamente conosciuta e apprezzata.
Questo è il senso più profondo del fare discendenza: per far biondeggiare i campi per la mietitura nessuna parte è sufficiente e bastante a sé; un accompagnatore sa che il progetto-opera trascende la propria esistenza e ha continua necessità di nuove braccia e nuovi operai chiamati al progetto-opera in tutti i luoghi, in tutte le condizioni socio-culturali, in tutte le circostanze di vita, in tutte le relazioni dove si avverte la sete di acqua viva e la fame di cibo che nutre in profondità.”
Graziana.
5 Commenti
Graziana
Grazie a voi, davvero, perché in questo momento faticoso ma anche curioso di sperimentazione, ricerca e riscoperta di talenti che siano veramente miei, è bello sentirmi gratificata…mi incoraggia a continuare in questi continui e necessari angoli gamma… Grazie Victoria, grazie Giovanni, grazie Giuseppe (anche se non so se ti conosco di persona), e grazie cara Giusi. Abbracciandovi,
Graziana.
Giuseppina Mastrangelo
cara Graziana, ancora una volta ti voglio riconoscere e ringraziare per la tua bella capacità di saper…. mettere in parola…
Raccogliere gli elementi che hanno caratterizzato questa giornata difficile (almeno per me lo è stata!)non era semplice. Hai saputo rendere merito meritato a Mariano e al suo percorso storico nel CMS, raccogliere le criticità che ancora emergono e deludono… ma soprattutto mi ha colpito la modalità che hai usato per riportarci le prospettive…. il messaggio è chiaro per chi vuole raccogliere con "responsabilità" tutto ciò che verrà dopo e con il CMS di Foggia.
PS:Ti ringrazio ancora per per aver dato valore ai passaggi di crescita che con la piccola Alice stiamo attraversando
… e per aver voluto regalarci questo lavoro scritto anche e dentro i tuoi travagli profondi…
ti voglio bene.
Giuseppe
Peccato che non ci son potuto essere il 28 febbraio, anche se questo post di Graziana è daverro bello, completo e commovente. So che Mariano non è stato bene, spero che si sia ripreso anche per il dolore di lasciare una culla importante dopo quasi quarant'anni. Se, come scrive Graziana, è importante un punto mitotico e un potenziale metastorico credo che Mariano saprà trovare la strada anche questa volta. Gli auguro di stare in tutte le tappe del prossimo viaggio descritte nel comunicato stampa pubblicato su questo blog. Gli auguro di trovare presto una sede per la Fondazione per dare a chi vuole la possibilità di seguire il suo ammaestramento e la sua ricerca. Gli auguro buona salute per poter fare tutto questo e continuare a stare con chi, come me, crede nel Progetto Nuova Specie. Comunque grazie Graziana,come si dice se non ci fossi bisognerebbe inventarti. Giuseppe
Unknown
molto bello !brava Graziana
Anonimo
Grazie Graziana del tuo post, mi piace molto leggerti, quel giorno mi sarebbe piaciuto essere li' con voi e il tuo post comunque da il senso anche per chi non c'era. Quello che scrivi e' sempre molto sentito e sincero, ti abbraccio victoria