CMS (FG), lunedì 10 dicembre 2012. SETTIMANA INTENSIVA. Prima giornata.

FONDAZIONE NUOVA SPECIE ONLUS
Presidente Dr. Mariano Loiacono





 
PRIMA GIORNATA 

DELLA SETTIMANA INTENSIVA

A FOGGIA.

“Vittima e Carnefici“.



Il metodo alla salute. Qualcosa di nuovo per me. In parte già conosciuto, perché parte di quella grande intuizione umana da cui tutti originiamo: “Amore”.
Questo il senso di tutto. Amore aggiungerei consapevole. Amare conoscendo se stessi, perché ogni gesto d’amore non sia vano e ingabbiato da quella parte di noi che si chiama “personalità viziata”, si può dire?, condizionata dall’ambiente nel quale siamo vissuti e cresciuti.


Siamo in tanti. Forse più di 100. Tutti uniti dentro una stanza non troppo grande da poterci permettere agevoli movimenti, ma non troppo piccola da non poterci contenere tutti.
Non c’è problema. Molti se ne stanno seduti a loro agio, qualcuno si abbraccia, qualcuno sta seduto sulle gambe di qualcun altro. Il team pronto a partire. Entro nella stanza tra battiti di mani e gente che balla libera. 


I referenti parlano, ma io sono troppo trafelata per dare attenzione a ogni loro parola. Capisco che l’atmosfera è densa. La gente ha voglia di sentire, ha voglia di parlare, di condividere, di raccontarsi. Mi stupisce la varietà dei presenti: bambini, ragazzi della mia età, qualcuno più giovane, padri, madri, curiosi, operatori. Tutti pronti a mettersi in gioco, a modo loro.
Il primo argomento affrontato dai conduttori è stata la molteplicità di emozioni che viviamo e la fatica che proviamo di fronte a emozioni considerate “negative”.  E questo trovava l’approvazione di tutti i presenti.

Si è passati alla descrizione del metodo e della struttura di cui si compone.
Prima fase: i pensieri antenati. Non ricordo la spiegazione. Ricordo la sensazione. Cosa può scaturire dall’immaginario che non è altro che rappresentazione simbolica di una realtà presente? Un unico suono, quello di un bastone della pioggia, ha raggiunto in maniera diretta l’inconscio di ciascuno. Sensazioni sgradevoli alternate  a piacere, qualcuno addirittura infastidito perché smosso nel suo personale percorso presente. Questo ha rotto il ghiaccio. Un attimo dopo la presentazione dei presenti. Qualcuno felice di mostrarsi. Qualcuno intimidito. Altri nel rifiuto. Ma ognuno ha dato qualcosa di sé. Una persona piange durante la sua presentazione, Francesca. Il suo pianto scatena il pianto di Angelica, di due anni. Le parole continuano cercando di sovrastare il suono del pianto, ma l’intervento di Dina conduce il gruppo al silenzio e all’ascolto del pianto, permettendo così anche ad Angelica un ascolto profondo. Il pianto piano piano si placa. E Dina riprende a spiegare cose che riguardano l’associazione.


Sempre Dina ad un certo punto interviene su Enrico, rimproverandolo. A questo punto si scatena la prima dinamica: Raffaele colpisce Enrico e subito dopo interviene Diego, il fratello di Enrico, a difesa e andando contro Raffaele.
Tutto questo ha spaventato anche il piccolo Diego di 5 anni, che si è rifugiato tra le braccia del padre.
Il gruppo-utero, ha contenuto la dinamica, intervenendo a sedare la possibile rissa e contenendo e permettendo l’uscire del pianto di Diego piccolo. Dina interviene su Raffaele facendogli capire che di fronte a un’ emozione forte, l’atteggiamento migliore  da tenere è quello verbale e non quello analogico, per sé e per gli altri e che all’esterno di un contesto come questo i gesti e tali dinamiche sarebbero stati giudicati e avrebbero portato all’isolamento dei cosiddetti psicotici. Intervengono molte persone raccontando a raccontare a Raffaele della loro personale rabbia e di come loro faticano quanto lui a gestirla. In alcuni casi addirittura invidiando la capacità di Raffaele di esternare la propria rabbia, come un traguardo raggiunto.

Il piccolo Diego viene poi accompagnato vicino a Raffaele e fatto sedere tra lui e Marilisa. E’ interessante poter osservare come a Diego tutto venga spiegato. Diego è protagonista attivo e interlocutore diretto accompagnandolo a comprendere la realtà che gli è intorno abituando i bambini sin da piccoli a vedere che c’è il bene e che ci può essere anche il male.
Quando viene chiesto a Raffaele cosa è successo, si comprende come ancora egli viva in una realtà virtuale, ma sempre più vicina alla nostra comprensione, perché è cambiato il modo di ascoltarlo e di conseguenza di accettarlo per quello che è.


La fase dei pensieri antenati continua con un canto di Gaber per poi lasciare spazio alla fase della comunicazione, in cui ognuno è libero di esprimere il punto del percorso in cui si trova, i propri progressi o regressi, dando valore a ciò che uno è. Questo si basa sul principio secondo cui, ciò che porto fuori da me, permette al cambiamento di avvenire. 

Guido legge una poesia di suo figlio Alessandro quando ancora non era psichiatrizzato. Da qui, iniziano una serie di comunicazioni tra padri e figli molto toccanti. Si accenna la tematica della Metastoria, cioè ciò che nella nostra esistenza sentiamo che va oltre, ciò che ci guida, ci sorregge, che ci spinge avanti
La mattinata si conclude con immersioni molto toccanti: eventi vissuti nell’infanzia e non solo da parte di Pasqua e Giorgia che a tratti hanno elementi comuni. Sono momenti carichi di intensità emotiva, di silenzio empatico e di presenza attiva del gruppo a sostegno dei racconti. Di fatto emerge la limitatezza della vecchia cultura contadina in cui i panni sporchi si lavano in famiglia e dove la verità è meglio che resti nascosta.  
I bambini non devono sapere il negativo vissuto dai propri genitori, anche se la verità più recepita in realtà si rivela quella del codice delle emozioni.

Il pranzo molto bono. Se magna. Se beve. Se ride in compagnia. Momento di convivialità, utile e amalgamante.

Dopo il pranzo si presenta Padre Antonio, missionario in Africa. Ci racconta delle sue esperienze di collaborazione con il Dr. Loiacono e di come il metodo alla salute, lo accompagna nel confessionale. Ci dà delle prospettive di metastoria e ci saluta con la sua benedizione.

Si passa così alla fase della teoria, in cui si svelano i meccanismi di ciò che è successo durante la mattinata, perché più il fenomeno viene illuminato, più può essere alleggerito.
 
Ognuno riporta ad alta voce ciò che lo ha colpito di più. Vari interventi: lo sguardo di Raffaele nei confronti del padre durante le dinamiche padri-figli, le verità nascoste e le paure della comunicazione, l’interpretazione della gioia di Raffaele nell’essere zio, il cambiamento di Luigi S., il pianto di Maurizio e la sua difficoltà ad esprimere se stesso, l’aggressività espressa da Raffaele e Diego nel mattino,  l’analisi del codice analogico, il nascondimento di Raffaele nel virtuale per non affrontare il dolore della delusione, l’empatia dei bambini piccoli e dei “cosiddetti” di fronte al dolore, la liberazione di Giorgia da un grosso peso interiore.
La seconda parte della teoria è stata la proposta di un binomio di parole opposte, che divenissero titolo della giornata. Aihmè, incombe il ruolo di selettrice dei titoli. E guarda caso, la scelta, è un tasto dolente nella mia vita, sono lenta nelle scelte. Alla fine però scelgo bene , infatti il super titolo scelto è stato, ta daaaaaaaa: “ VITTIMA E CARNEFICI”, proposto da Luciana. Miriam e Luciana saranno le prime a intervenire dando motivazione della loro scelta. C’è però prima di questo un piccolo spazio dedicato ai conduttori, in cui in prima persona raccontano della loro esperienza e di come hanno raggiunto il metodo alla salute, fino a dedicarci parte della loro vita. A loro volta in un percorso di comprensione del proprio personale disagio.

In ogni caso. L’argomento vittima e carnefici viene condiviso. Si considerano i collegamenti che esistono tra l’essere stato prima una vittima e poi a propria volta un carnefice, si considerano gli aspetti di un vittimismo “negativo”, che non permette di andare oltre nell’elaborazione, perché se ci si considera “sfortunati” nel proprio percorso, si rischia di rimanere paralizzati nella propria comodità e lamentela continua, carnefici di se stessi.
All’interno delle famiglie si possono cristallizzare i ruoli di vittima e di conseguenza, quelli di carnefice. I casi dei cosiddetti psicotici sono quegli estremi che ci pongono di fronte agli occhi, la confusione di ruoli non chiari e mescolati all’interno delle persone e all’interno delle famiglie. Però anche l’essere vittima o carnefice fa parte della vita. Non si può eliminare dalla vita stessa alcun ruolo e il modo per continuare a crescere è utilizzare queste posizioni con un’ottica di prospettiva. 

Riccardo, uno dei conduttori, ci accompagna a comprendere come nel crossing over la divisione tra positivo e negativo avviene non a causa di una confusione derivata dalla staticità, ma con la prospettiva di creare un vuoto in sé che possa ricevere parti dell’altro e al tempo stesso donare parti proprie all’altro.

Grazie a tutti, per esservi spesi così generosamente e sinceramente. E’ commovente osservare il coraggio e la fiducia nelle possibilità umane. Vorrei riportare una frase di Raffaele a conclusione di questa lettera a rappresentare che conoscendo se stessi, si può cambiare il proprio punto di vista sul mondo. Cambiare sè come punto di partenza, non cambiare gli altri: “il nipote aggressivo non ha sapore. Lui non è stato rispettato. E’ come deludere nel buio la propria vita. Escludersi nella zona di guerra. Il nipote aggressivo non ha diritto alla pelle. Lui si suicida negli asfalti. E’ come non vedere un occhio nella propria vita”.

Miriam e Federico

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