Senigallia (AN), domenica 18 marzo 2012. VIII POMERIGGIO LETTERARIO GLOBALE. Filastrocca del Mali: Ka baga ma ne…

 

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POMERIGGIO LETTERARIO GLOBALE.

– VIII INCONTRO –
HOMELIFE E BAMBARÀ…
“KA GABA MA NE”!

Domenica 18 marzo, alle ore 9.30, a Senigallia in via Marchetti 73 c’è stato l’VIII Pomeriggio letterario globale (fatto questa volta di mattina) con il commento della canzone africana “Ka baga ma ne”, HomeLife dei Bambarà del Mali.

Perché prendere a prestito una lente di ingrandimento e ispezionare il funzionamento di una società come questa? Così lontana, così arcaica?
Innanzitutto cosa significa Bambarà? Bambarà significa quelli che non vogliono essere dominati e convertiti all’Islam. Sono degli animisti. Bambarà significa brutto e cattivo perché non si converte. Oggi ancora esistente, oggi il 32% del Mali

E’ una etnia che manca di identità. E perciò fa fatica a cambiare. E la donna in questa etnia che caratteristiche deve avere? Non deve cambiare.

 

Gli studi antropologici vedono il passaggio dall’astralopiteco alla specie uomo proprio nelle popolazioni dell’Africa nera, vedono cioè in questi luoghi l’origine, il nucleo primitivo della razza uomo, dell’essere sociale, della persona; riflettendo sui meccanismi ch’essa ancora ospita, abbiamo modo di riflettere sui meccanismi che nella nostra società, così apparentemente evoluta, continuano ancora invece a perpetuarsi oggi nascosti, confusi o presenti in identità cresciute nella contrapposizione ad antichi modelli,  non per questo separati, anzi; non per questo segni di una vita in equilibrio dinamico.

Così come recita la canzone, così come insegna la tribù africana, il pilastro di questa società sono le donne.

Donne che devono Partorire innanzitutto, cucinare, stare in casa, pulire, crescere una numerosa prole.
Donne, le stesse, che non devono. Desiderare, scoprire, nutrirsi, uscire, permettersi di manifestare la rabbia,  permettersi il viaggio.

La donna bambarà di fronte alle provocazioni deve dire no a salvaguardia del mantenimento della sua preziosa comunità familiare.

Ma è sempre giusto non cedere alle provocazioni che la vita ci offre? Cosa in realtà significa provocazione? Quale connotazione dovremmo dare a questa parola? Qual è etimologicamente il suo significato?

Provocazione significa  “chiamare avanti” poiché l’uomo nasce per questo, per avanzare superando le proprie paure e, attraversando il disordine, nella spinta di ciò che mentre si muove intravede e desidera, poter crescere, ontologicamente e filogeneticamente


Cosa accade a chi invece sa dire NO alle provocazioni? A chi resiste stoicamente alle provocazioni senza nutrirsi della vita nelle sue inevitabili trasformazioni caotiche?
Accade che costui rimane senza nutrimento per sé e quindi senza nutrimento nemmeno per l’altro, e spesso non avendo null’altro da dare si immola a pasto, nutrendo l’altro con ciò che gli rimane, con ciò che intanto ha costruito: la rabbia, le paure non superate, i limiti autoimposti, i desideri parzializzati, tagliati, mutilati o ammutoliti, la rassegnazione, l’incongruenza tra vita e desideri. 


La HomeLife ci insegna che ciò che è bene può essere anche male, che ogni cosa serve per poter essere attraversata e che forse la silhouette così coerente, così monolitica delle donne bambarà nei secoli, può iniziare a sgretolarsi per dare ai suoi figli una libertà vera, abbandonando le catena delle 3 D:
  • Desideri: niente;
  • Delusione: tante;
  • Dolore: sia per i desideri frustrati, ma anche per i tagli ricevuti (dolori, botte, silenzi).

Nelle donne bambarà di oggi spesso presenti come rabbia iperattiva nel pensiero mai espresso del “con l’iperattività mi scordo di tutto”


Conflitti e debiti originari, questo garantisce che non cambi nulla, di generazione in generazione, nella più grande eredità dell’incompiutezza della persona.

Mariano ricorda che chi lascia un buco dentro di sé permette ad un altro di entrare come questo preferisce.
Impoverirsi. Confondersi.

Chi invece cresce ascolta e porta in quegli spazi ciò che quegli spazi chiedono, dà a se stesso e all’altro un ambiente nel quale poter essere accolto nel rispetto di ciò che reciprocamente si è.

Ad ammorbidire la teoria e ridarle prassi, le parole di Mariano a Giovanna.
E poi il pianto.
Ecco che il pianto di Giovanna rappresenta tutto questo:  paura e possibilità di fare alzare quella gamba, quel figlio e farlo camminare, di nuovo; chissà che un padre allora non possa ritornare scoprendo un mondo diverso nel quale doversi riposizionare ripartendo da se stesso; giusto passare dal pianto ma anche giusto poi accogliere ciò che quegli occhi nel pianto portano e lasciare che il desiderio di un modo nuovo, più coraggioso, dello stare nella vita, entri.


L’uscita dell’uomo al femminile, Mariano, e il suo rientro per accogliere la donna al maschile, Giovanna, in un abbraccio di nuova nascita, al ritmo dell’Africa presente, ha lasciato un altro segno vissuto della possibilità che ogni uomo ha di essere e divenire.

A questo Pomeriggio letterario globale mattutino è seguito il pranzo che abbiamo condiviso tutti insieme prima del rientro a casa.

  
Nadia

(ringraziando Paola)

1 Commento/i

  1. Unknown

    Mi è piaciuto molto questo post!! Quindi grazie a te, Nadia, per averlo scritto.

    Come sapete, tengo particolarmente ai "Pomeriggi letterari globali": rappresentano per me una inedita maniera di scoprire nuovi parti del nostro Intero-Sarvas: di ciò che in profondità siamo.

    Mi auguro che essi crescano ancora…

    E' già stato deciso quale sarà il prossimo brano che interpreteremo nei nostri Pomeriggi; lo comunicheremo anche su questo Blog, tra poche ore.

    Un abbraccio a tutti ed uno speciale a Mariano, Nicoletta e Rosa che hanno permesso che venisse interpretata la canzone "Ka baga ma ne".

    Cindy

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