Troia (FG), sabato 28 maggio 2011. LETTERA DI MARIANO LOIACONO A GIUSEPPE BUCALO.

Presidente Dr. Mariano Loiacono
SERVE UN APPROCCIO
GLOBALE ALLA VITA?
Caro Giuseppe,
ho letto i due libri (“Dietro ogni scemo c’è un villaggio”, “Dizionario antipsichiatrico”) che mi hai donato tramite Giuseppe, il tuo rappresentante alla Conferenza del Telefono viola, svoltasi recentemente a Roma.
Il valore umano e intellettuale, presente nei tuoi scritti, è indiscutibile, e davvero c’è da essere meravigliati e grati per la tua importante sperimentazione sul campo. Essendo i tuoi saggi una produzione scritta del tuo “sapere emotivo”, comunicano anche dove i concetti sono profondi e non facili da trasmettere. Condivisibili o no che siano i tuoi scritti per il lettore, rimangono fatti significativi con cui confrontarsi sullo stesso piano operativo.
Purtroppo, oggi, dominano gli “assoluti”, verità intoccabili come tabù o come rivelazioni dall’alto. Purtroppo, c’è poca “scientificità” nel senso di verifica-replica-successiva sperimentazione continuamente falsificabile.
Mi fa piacere che, anche dopo 25 anni, continui a impegnarti in questo difficile fronte dove chi domina è molto potente e si sente onnipotente, e dove chi subisce non riesce a organizzarsi nemmeno come un arcipelago di isole in rete.
Dopo aver dato onore alla tue nozze d’argento con l’antipsichiatria, così come la intendi tu nei tuoi libri, vorrei ora presentarti alcune linee di ulteriore riflessione che mi vengono dalla mia esperienza fatta sul campo, dal 1976, in qualità di psichiatra dentro un servizio pubblico, un po’ anomalo, dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Foggia. Spero di comunicare opportunamente e con rispetto.
* La mia prima impressione è che la tua teoria-prassi sia improntata prevalentemente al criterio “ex nocentibus” della medicina ippocratica: cioè non fare quelle cose che nocciono sicuramente alla persona cosiddetta “malata mentale”. E ‘già un’ottima cosa poter permettere, a chi vuole, la libera espressione dei propri comportamenti al di là della etichettatura psichiatrica e del controllo coatto-cronico che ne deriva. La mia sperimentazione verte, invece, prevalentemente sul criterio “ex adiuvantibus”: cioè, individuare cosa è utile mettere in atto attivamente per facilitare la crescita specifica di una persona mediante quelle che io chiamo “dinamiche metastoriche”, che coinvolgono tutti e tre i codici della vita di cui siamo composti e strutturati. Non facendo crescere, a partire dai nodi-blocchi che ci costituiscono, rimaniamo sempre dentro una storia chiusa e ripetitiva che, progressivamente, si avvita e decade pur vivendo in un ambiente che non ci nuoce. Questo “disagio diffuso” colpisce tutti, anche gli psichiatri e altri rappresentanti di istituzioni dominanti.
* Un’altra impressione riguarda la cornice di “villaggio” che tu ipotizzi e che hai sperimentato a Furci fino al 1994. A mio parere, questa cornice di habitat, molto legata alla cultura organica, oggi è quasi inesistente, travolta dal mutamento antropologico che ha segnato il passaggio dal villaggio-mondo della cultura contadina al mondo-villaggio della globalizzazione. Il “disagio diffuso” ne è intima espressione e sintomo. Oggi, secondo la mia esperienza, si possono e debbono creare relazioni forti al di là delle vecchie appartenenze geografiche-territoriali-religiose-politico-culturali creando una rete ordinaria che attraversi ogni possibile diversità e caratterizzazione. In tale prospettiva, stiamo sperimentando una rete di comunità globale multicompetente che ha già una valenza nazionale.
* Un’altra impressione è che oggi manchino metodologie di approccio globale all’esistenza umana che sappiano integrare e intrecciare i diversi saperi e prassi che, allo stato attuale, rischiano solo di contrapporsi e lacerarsi a danno della “salute” (in senso etimologico di “intero, non frantumato”) della singola persona. Per ipotizzare e sperimentare nuove metodologie occorre definire una “epistemologia globale” e sviluppare competenze diffuse di teoria-prassi globale. Questo aspetto non si evince molto dai tuoi scritti.
Per intanto, mi femerei qui, consapevole che una ulteriore disamina di queste mie prime impressioni necessitano di visite reciproche nei rispettivi contesti esperienziali e, successivamente o contemporaneamente, di incontri diretti, aperti ai reciproci contraddittori e ripensamenti.
Con rispetto e affetto,